Autenticità o strategia? Quando il trash diventa marketing sui social

Sui social media di oggi, c’è un tipo di contenuto che genera milioni di visualizzazioni, commenti e condivisioni… ed è quello che, almeno all’apparenza, sembra il peggiore. Personaggi sopra le righe, video al limite dell’assurdo, recitazioni discutibili, situazioni imbarazzanti e momenti cringe. Stiamo parlando del trash digitale: contenuti volutamente kitsch, esagerati, surreali, che dominano TikTok, Instagram e YouTube Shorts.
Ma la vera domanda è: questi personaggi trash sono davvero autentici o stanno fingendo? E se fingono, lo fanno per caso o con una strategia ben precisa? La risposta è più complessa (e affascinante) di quanto sembri.
- Il trash non è sempre casuale
- Il potere dell’intrattenimento “brutto”
- Dove finisce l’autenticità e dove inizia la strategia?
- Esempi concreti: personaggi virali che usano il trash come leva
- Il trash come posizionamento di marca
- Rischi e limiti del trash come strategia
- Conclusione: il trash non è (solo) spazzatura
Il trash non è sempre casuale
Molti utenti pensano che i contenuti trash siano semplicemente “stupidi”, improvvisati, nati da persone inconsapevoli che non si rendono conto di quanto siano assurdi. E in alcuni casi può essere vero. Ma nella maggior parte dei casi, oggi il trash è una scelta consapevole. È uno stile comunicativo studiato nei minimi dettagli, con un unico obiettivo: essere virali.
Nel mondo dei social, dove ogni secondo conta e l’attenzione è sempre più difficile da catturare, chi riesce a scioccare, far ridere, creare disagio o stupore ha molte più probabilità di finire sulla pagina “Per Te” o di diventare trending. Il trash diventa così uno strumento di marketing, e chi lo utilizza bene è tutto fuorché ingenuo.
Il potere dell’intrattenimento “brutto”
I contenuti trash funzionano perché stimolano emozioni forti e immediate:
😲 Stupore
😳 Imbarazzo
😂 Ilarità
🤔 Curiosità
E ogni volta che un utente reagisce – con un commento, una condivisione, un like o anche solo guardando il video fino alla fine – l’algoritmo se ne accorge e spinge quel contenuto ancora più in alto.
Per questo motivo, molti creator hanno capito che essere troppo professionali, perfetti o noiosi non paga più. Meglio essere esagerati, imprevedibili o anche solo strani. Meglio essere commentati con un “ma è serio?” che passare inosservati.
Dove finisce l’autenticità e dove inizia la strategia?
Un aspetto affascinante del fenomeno è che i confini tra realtà e personaggio sono sempre più sfumati. Alcuni creator trash interpretano un ruolo preciso, come attori in un copione. Altri, invece, sono davvero così nella vita reale… ma imparano a calcare il proprio lato trash perché funziona.
In entrambi i casi, il risultato è lo stesso: una costruzione strategica dell’identità online. Ciò che viene percepito come “vero” è spesso un mix calibrato di personalità, autoironia e tecnica narrativa.
E in fondo, anche l’autenticità può diventare uno storytelling efficace, se serve a far parlare di sé.
Esempi concreti: personaggi virali che usano il trash come leva
Numerosi influencer e content creator hanno costruito la loro carriera sull’estetica del trash:
- chi indossa abiti improbabili o volutamente fuori moda
- chi recita malissimo battute scritte apposta per sembrare spontanee
- chi finge di piangere o litigare davanti alla fotocamera
- chi crea parodie così “brutte” da diventare geniali
Dietro a molti di questi fenomeni ci sono agenzie di comunicazione, social media strategist e piani editoriali precisi, che sfruttano il linguaggio del trash per arrivare al pubblico giovane, disilluso, ironico.
Non è più una questione di qualità tecnica: oggi vince chi riesce a emergere nel rumore digitale. E il trash, in questo, è uno degli strumenti più potenti.
Il trash come posizionamento di marca
Anche i brand iniziano a capire il valore del trash come leva comunicativa. Alcuni marchi usano volutamente toni sopra le righe, testimonial improbabili o video low budget per sembrare più vicini al linguaggio dei social.
In un mondo dove tutto è “troppo perfetto”, il trash diventa un modo per dire:
“Guarda, noi non siamo come gli altri. Siamo diversi. E sì, ci facciamo anche prendere in giro.”
Questa autoironia strategica può creare un forte legame con il pubblico, soprattutto se il target è giovane e abituato a leggere tra le righe.
Rischi e limiti del trash come strategia
Attenzione però: puntare tutto sul trash può essere un’arma a doppio taglio.
✅ Se fatto bene, può generare viralità, notorietà e persino vendite.
❌ Se forzato o mal gestito, può diventare una macchietta che si brucia in fretta.
Inoltre, non tutti i settori possono permettersi un tono ironico o grottesco. È importante conoscere il proprio pubblico e capire fino a che punto si può spingere il limite, senza perdere credibilità.
Conclusione: il trash non è (solo) spazzatura
Nel marketing digitale del 2025, il trash non è più un errore da evitare. È uno stile, un linguaggio, un codice culturale. Chi lo utilizza bene, sa esattamente cosa sta facendo. Sfrutta la reazione, l’inatteso, il paradossale per ottenere visibilità e attenzione.
Autenticità e strategia non sono opposti: possono convivere, fondersi, diventare virali insieme. Il vero talento sta nel dosare il trash nel modo giusto, farlo sembrare spontaneo, anche quando è tutto pianificato.
E allora, la prossima volta che vedi un video imbarazzante su TikTok… chiediti:
“Sta fingendo o ci sta facendo marketing?”